Monelleinchat e le Vergini Villane Sodomizzate danno il benvenuto al Lettore con tanto Amore
(Vergini Villane Sodomizzate e Puttane Qualificate:
incontri in chat porno, con giovinette dispettose)Racconti Erotici e Storie Strane (ma Vere)
Mia Figlia? Le ho spinto contro la mia erezione totale,
Inculare con le chat erotiche senza video e senza webcam,
La Rivista Pornografica “la meretrice e il maniscalco” di Skinner,
La cugina, non si poteva non amarla nell’atto d’incularla,
Riprovare a fare il culo alla cugina, fallito il primo tentativo,
“Madonna! CUGINO Che porco che sei! Ma che porco!”,
Orgasmi Vendicativi Spruzzati sui Capelli della Cugina,
Mia Cugina Roberta, Cavalcata sul Letto Sopra la Coperta,
Occasioni degli Arrivi, “Hai fatto buon viaggio, Cuginetta?”
Sodomizzare la cugina, vendicarsi delle prepotenze dello zio
Il prof. Benazzo ammaestrò il pavimento pelvico di sua figlia
Invito a Pranzo con Puttane non Disponibili
La più nobile delle arti umane, il sesso anale, si pratica e s’impara(incontri in chat porno, magari!)
Jessica Scialanga si accorse un giorno di scaricare con troppa sciolta e di rilasciare un odore pestifero nella sua toilette coniugale. Per la verità non fu lei ad accorgersi, fu suo marito, il dottor Pier-Francesco Bandettini, quello che ultimamente se ne veniva solo con i pompini. Le aveva detto:
– “ma come, non sciacqui dopo aver cagato?”
– “Perché? Non ho mica cagato, sono solo andata a far’ pipì”
– “Vieni a vedere” – aveva ripreso lui, vagamente scocciato per il comportamento di quella nana affamata che, prima di mettersi con lui, era stata a fare chilometri sul pavimento del CNRSI (Centro Nazionale Ricerche di Scroti Induriti) per anni, ogni sera dopo il lavoro, in cerca di guadagnarsi la stima di qualche viandante di passaggio, disposto a farsi leccare l’inguine e lo scroto prima di scoparla in bocca, in culo e in figa. Quando Jessica si rese conto della striscia scura che scorreva obliqua nel fondo del cesso, prese a trovare delle scuse patetiche:
– “sarà forse perché hai preso a farmi il sedere troppo spesso?”
– “Ma che cazzo dici? Ma che ti sei dimenticata che prima della tua malattia ti inculavo tre volte al giorno e tutti i giorni? L’ho segnato sull’agenda, guarda, vieni, guarda..” – e le mostrava le inculate che le aveva regalato, erano 107 in un anno, e lui si era segnato solo quelle che erano riuscite senza ostacoli tali da impedirgli di sborrarle nel punto più centrale dell’ampolla rettale.
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Lei prese a ridere come una cretina, del resto era cretina e la parte più valevole di lei era il suo deretano stanco e con natiche di soffice budino. Ma anche il suo carattere era valevole; infatti era una femmina disponibile, con gli sconosciuti – e anche lui era stato sconosciuto – disponibile a farsi scopare subito e a leccare subito la cappella, a infilare il naso e spingere le guance con tutto il viso contro lo scroto più gonfio, attaccato, duro e più peloso, a baciare l’ano increspato di peli arricciati e a infilarci dentro la lingua appuntita, picchiettando come se fosse stata un martelletto per ingrandire buchi stretti e pelosi di peli neri arricciati.
Non importava di dove fossero i viandanti ai quali leccava la zona “scrotale”, “perineale” e sacrale, o se si fossero lavati bene il buco del culo; lei leccava tutto a tutti e aspettava orgogliosa la sborrata di sperma denso, a riprova delle sue capacità amatorie; soddisfare gli uomini per riprendere la fiducia di sé, quella fiducia che sua madre, la vecchia bagascia giubilata di Antonietta Villa, le aveva fatto perdere quando la sgridava da piccina per essersi fatta un graffio sul ginocchio, o quando le infilava pezzi di sapone nell’ano, nel cortile del Giambellino, e lei era piangente sotto lo sguardo di tutti i vicini curiosi e pervertiti che le fotografavano il culo con gli occhi, perché da bimba non andava di corpo. Piangeva, con le natiche nude della verginella senza peli esposte agli occhi dei depravati vicini; piangeva e stava bocconi, tenuta prono sulla ringhiera della scala per la lavandera, con quei porci a due e a quattro zampe che ridevano di lei, mentre la madre e il padre si alternavano a infilarle pezzetti di sapone nel buco del culo; operazione dolorosissima e penosissima per una stitichezza ridicola della quale lei neppure si era lamentata.
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“E adesso nemmeno ti ricordi che prima ti facevo il sedere tre volte al giorno tutti i giorni?” Al Bandettini era saltata la mosca al naso; non riusciva a tollerare di sentirsi rifiutare il culo sapendo come era stata disponibile con i viandanti stranieri che l’avevano portata a turno in albergo per scoparla, e per scoparla poi gratis. Era l’ennesima prova della imprevedibilità delle donne e della loro mancanza d’equilibrio. “Inculami il culo a budino, inculami, inculami il culo a budino, fai festa sulle mie chiappe molle e dentro il mio ano coriaceo”. Questo era il benvenuto che si sarebbe aspettato il Bandettini per esser venuto in viaggio – a spese sue di lei – con un volo intercontinentale dall’Italia all’isola di Tropicana, altro che andare avanti a bocchini; d’accordo, erano bocchini ad ingoio totale preannunciato, ma dopo tre mesi di bocchini se ne veniva a noia anche la trave gonfia e storta del dottor Bandettini. Doveva vendicarsi di lei, anche se sapeva che lei non aspettava altro che di accontentarlo e di farlo contento; con il tempo avrebbe potuto riprendere a incularla tutti i giorni come prima; il guaio di quel principio era che – e il Bandettini lo sapeva per esperienza – quando una moglie smetteva di farsi inculare, anche quando pareva che smettesse solo temporaneamente, quando una moglie iniziava a sentir male alle ovaie durante l’amplesso, quando iniziava a non venire più come una volta, quando iniziava a non venire più come una volta e iniziava a mostrarsi niente affatto preoccupata di ciò, era l’inizio della fine della relazione; era l’inizio del periodo in cui la moglie voleva scopare solo per farsi mettere incinta, era il periodo iniziale della fine dell’interesse per le inculate colossali e le sborrate nel punto più fondo e profondo dell’interno dello sfintere anale interno; “mettimi incinta, facciamo bambini, e poi i pompini col culo inizio a farli ai miei colleghi o a qualche amico di qualche mio cliente straniero, o, persino, a qualche tuo dipendente o a qualche mio supervisore; da te voglio figli, voglio amore e protezione; voglio che mi scaldi il brodo quando arrivo a casa e che mi massaggi la schiena quando sento dolore dopo le mie serate di yoga seguite dalle cene con le amiche che tu chiami amiche puttane“.
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Bandettini conosceva il trucco, era un cornuto storico e ora era di nuovo un cornuto attivo; per tutta la sua vita aveva scopato le donne d’altri ed altri avevano scopato le donne sue. Non c’era scampo; era un mondo di eventi circolari; quando una femmina smetteva di interessarsi al suo orgasmo e iniziava a sentire bruciori anali mentre il marito le infilava la cappella appuntita nel centro perfetto del buco del culo, voleva dire che stava iniziando a farsi inculare da qualcun altro. E, anche se in quel momento non fosse stato così, certamente il passo per farsi inculare da qualcun altro sarebbe stato brevissimo da quel punto in poi. E allora il Bandettini doveva iniziare ad uscire con le sue amiche; le sue amiche, sue di lei, le altre cagne affamate che avevano partecipato alle baldorie prima che lei si sposasse; altre storie strane ma difficili, storie erotiche paradossali. Erano cagne affamate, si sarebbero fatte prendere direttamente sul bancone del bar da qualunque sconosciuto che avesse avuto abbastanza erezione di buio e di fumo, e nonostante tutto quell’alcol; ma con lui era differente; lui era il marito di una di loro; non che volessero essere leali; il fatto sta che loro non ammettevano di farsi scopare dal marito di una delle loro amiche a meno che non fossero poi state in grado di farlo sapere anche a lei; le loro stesse amiche; era una regola generale; che gusto c’era a farsi scopare dal marito della tua migliore amica se poi non dividevi la gioia pervertita con lei? Come potevi gratificarti delle tue doti di femmina se non la facevi arrabbiare di gelosia per alimentare la tua vanità, a danno d’altri?