PUNTATA PRECEDENTE: Emanuela Vicentini, la vergine che menava i cazzi ma non faceva i pompini.

Emanuela Vicentini, la vergine che Menava-Cazzi ma non faceva pompini

Dopo mesi di angosciosa e dolorosissima attesa, finalmente Giorgio Reali, professore di filosofia becera del diritto internazionale, riuscì a fare il culo alla Vicentini, la vergine di 19 anni che menava cazzi diversi ogni sera ma che non faceva pompini. Quello fu l’inizio della lunga carriera di Emanuela Vicentini, che poi si farà rompere l’imene dal Balestrino, che la sverginò dolcemente facendole un ditalino,e che ritroveremo in Svizzera, ad occuparsi di altri cazzi, in senso tecnico, e mantenendo il suo “innamorato” marito, Andrea Benazzo,

Ma papà, fammi riprendere un po’ di fiato

che usava il suo appartamento per scopare la figlia, Roberta Sarrantonio, che veniva a trovarlo a Lugano, la stessa Roberta Sarrantonio che, prima di andare a Lugano a prendere la fava del padre a Lugano si era pure fatta fare il culo da suo cugino a Roma, perché farselo dare nel sedere dal padre e dal cugino di primo grado, non era come fare le corna al marito.

Prenderlo nel Sedere dal Papà e dal Cugino, non è fare le corna al Maritino

Emanuela aveva conosciuto Andrea Benazzo via internet e diceva di essersi innamorata di lui per corrispondenza, come del resto diceva lui, che però lo diceva per altre ragioni di evidenti opportunità. Dopo una certa età, le donne imparavano a sapere quello che volevano e, prima di tutto, volevano un maschio da attaccare al guinzaglio. Non contava più che fosse bello, ricco e intelligente. Certo, fosse stato bello, ricco e intelligente, tanto meglio, ma dopo un po’ capivano che tanto non si poteva ottenere. Se fosse stato bello, non lo avrebbero tenuto al guinzaglio, se fosse stato ricco, al guinzaglio ci sarebbero finite loro, e, se fosse stato intelligente, al guinzaglio NON lo avrebbero tenuto a lungo, a meno che non fosse stato un reietto, reso forzosamente incapace di mantenersi da solo, proprio perché troppo onesto, troppo sprovveduto, troppo bravo, capace e competente e, per conseguenza, troppo irriverente. Ma torniamo alla Vicentini giovinetta e volenterosa, quella che a 19 anni diceva di essere vergine e che menava cazzi a tutti i nuovi venuti ma che faceva soffrire Giorgio Reali, il suo insegnante di filosofia becera del diritto internazionale.

Emanuela non brillava per intelligenza, in facoltà, e neppure per rendimento, per questo aveva scelto Scienze Politiche, che era come dire “né carne né pesce”; frequentava poco, aveva voglia di dormire, al mattino, non si alzava mai prima di mezzogiorno. Non è che andasse a letto tardi, la sera, era solo che ala mattina le piaceva starsene a letto a guardarsi i video porno e a sfiorarsi il clitoride; i film porno se li gustava, così diceva proprio lei, “quello me lo sono proprio gustato tutto!”

E allora c’era una sua collega, una sua, compagna di banco, che le passava tutti gli appunti ordinati che prendeva a lezione. Emanuela si preparava su quegli appunti ed era talmente indolente che non si sforzava neppure di pensare a come sdebitarsi. L’occasione le si presentò quando a prenderla vennero due ragazzi, una sera, uno con i riccioli lunghi che gli coprivano gli occhi come un barboncino, e l’altro meno ridicolo ma più sfacciato.Con due mani, si figurava di poter fare sega ciascuno, una con la destra una con la sinistra, contemporaneamente. E però lei stava cercando d’imparare la via del sesso, non aveva esperienza, altro che menare cazzi ogni sera e ogni sera era uno diverso. Uno diverso ogni sera, sì, ma uno. Con due, si faceva qualche scrupolo. Se avessero deciso di violentarla, in due avrebbero fatto meno fatica. Allora pensò bene di dividere il bottino dei due cazzi da menare con la sua amica che le passava sempre gli appunti. Uscire in due ragazze con due ragazzi.

L’amica di Emanuela si chiamava Anna Maria Scialanga, era in quel tempo vagamente presentabile, persino più cretina di Emanuela e aveva gli occhi troppo vicini, come la moglie di Luca Mariano, lo sventurato di Oristano, che si era fidanzato a 15 anni con la figlia del benzinaio e a 65 anni ancora la sopportava. Quello era un matrimonio d’interesse calcolato all’età di soli 15 anni, con gli altri 50 passati comunque a fare l’impiegato. Una vita da schiavo, durante e fuori dal lavoro.

Anna Maria non aveva nulla da fare e quindi disse subito di sì.

Salite entrambe dietro la macchietta dei due giovani allupati, Emanuela iniziò subito a sentirsi a disagio, era troppo piccolo, l’abitacolo, dietro, dove si sarebbero messi, e come? Si avvicinò all’orecchio di Anna Maria “questi sono due sfigati..”

e Anna Maria: “hi hi hi hi hi…”

“Come va ragazze, che barzelletta è, voglio sentirla anche io” disse allora girandosi il ragazzo con i capelli ricci lunghi sugli occhi, come il barboncino, che le guardava vedendole, forse, come attraverso una rete di zanzare.

Mia Figlia? Le ho fatto Sentire la mia Erezione, Spingendo, ha Capito

“Ma no, niente, era una cosa tra noi donne”

“Non mi dirai che è il tuo periodo mestruale?” domandò retoricamente il ragazzo sfacciato che guidava la macchina, “dove andiamo di bello, dove vi piacerebbe andare?” e intanto si avviava alla campagna, che del resto era molto vicina, visto che le due ragazze abitavano in una zona periferica.

‘Madonna che sfigati che sono questi due” continuava a pensare Emanuela, qualcosa lasciava presagire che la serata non sarebbe finita come doveva finire. “Gira qui a destra”, fece Emanuela, “conosco un posto dove possiamo bere qualche birra gratis”.

“Birre gratis? Subito!” Rispose il ragazzo alla guida, che girava sgommando, per lui una birra gratis era meglio di una sega tirata in auto da una vergine di 19 anni o dalla sua amica. Quel tipo di scroccone italiano era il tipo che sarebbe rimasto scroccone per tutta la vita e purtroppo ce ne sono tanti, nel mondo, di scrocconi italiani e francesi.

Parcheggiarono davanti al bar-birreria, che si chiamava Guizzo di Genio e che non recava insegna luminosa. “Il schizzo di genio?” Domandò il barboncino. “Ma che dici, hi hi hi hi”, rispose Anna Maria, che schizzo? Si dice Guizzo di Genio.”

“E che vuole dire “Ghizzo”?”

“il guizzo, come quello dell’angjuilla.”

“Sì, certo, l’anguilla, l’anguilla che sguiscia….” lui pensava alla sua, di anguilla, facendo inutimente lo spiritoso. Non rise nessuno, giustamente, entrarono nel bar e si sedettero ad un tavolo per quattro, uno di fronte all’altro.

Quando Giorgio Reali intravide quel tavolo, con il barboncino e il cretino seduti assieme alla Vicentini e alla Scialanga, si sentì male, questa era “la goccia che faceva traboccare il vaso”, come si dice, non sarebbe stato disposto a subire altre umiliazioni da quella vergine puttana. Che cazzo ci facevano lì, proprio lì? Lui ci andava perché era il bar attaccato al benzinaio della moglie del suo amico Luca Mariano, lo sventurato di Oristano. Lei sapeva che lui andava spesso a trovare il suo amico, ci andava per consolarsi del suo dolore, essendo il suo amico sfortunato proprio per natura, e nonostante ciò era andata lì a provocarlo, a farsi vedere con quei due stronzi?

“Ora li sbatto fuori tutti e quattro” pensò ad alta voce Giorgio Reali, “non sono più disposto, non sono più disposto a farmi umiliare così…” mentre camminava le mani si stringevano a pugno chiuso ed era prontamente determinato a dare calci in culo a tutti. “Ecco, ecco quello che offre le birre, finalmente, venga, venga, benvenuto!” se ne uscì quello dei due sfacciato, che stava per essere buttato fuori dal locale a calci-nel-culo. La birra del bar della benzinaia moglie di Luca Mariano, amico di Giorgio Reali, aveva un colore giallo scuro, quasi arancione, e la spinavano tenendo il bicchiere sul banco, non portando il bicchiere alla spina, per non fare la schiuma. Era buonissima, certo quei due mentecatti con quelle due puttane non la meritavano, sarebbe stata un’insulto ulteriore da aggiungere all’umiliazione di quella scandalosissima situazione. Dovevano essere cacciati in strada, quantomeno i due ragazzi, e fatti investire da uno Scania che sopraggiungeva a tutta velocità proprio in quel momento. Reali si avvicinava al tavolo di quei quattro bastardi maledetti, lo stomaco gli si contorceva sempre di più ma arrivato al tavolo e catturato dal sorriso innocente della vergine occhialuta, non seppe più fare nulla. Salutò, girò i tacchi e, fremente di sdegno, andò al banco ad ordinare quattro di quelle birre medie speciali per quei quattro sciacalli.

Fecero presto, non avevano proprio niente da dirsi, quei quattro ebeti, e nel frattempo Giorgio Reali se n’era andato per evitare di essere chiamato a pagarne altre quattro. Attaccato alla bottiglia di Prosecco, Reali se ne stava solo sul divano e aveva già infilato una cassetta nel videoregistratore quando squillò il suo telefono portatile. Era lei, la puttana vergine occhialuta, Emanuela Vicentini. Reali non sapeva che dire ma era felice come una Pasqua.

“Ehi, ciao! Siamo qui a casa di Anna Maria a chiacchierare, vieni a trovarci?”

“Ma chi, voi con quegli altri due?”

“Ma no, quelli erano amici di Anna Maria, li abbiamo già mandati via. E tu, che fine hai fatto? Sei sparito senza dire nulla.”

“Sì, scusami, lo sai che mi bolle il sangue, sono geloso di te anche se tu non mi vuoi.”

“Beh, stasera ti voglio, qui, con la mia amica, per fare delle chiacchiere assieme”.

Le due puttanelle, una delle quali era la vergine occhialuta, erano a casa di Anna Maria, a 25 chilometri da casa di lui, lo sapeva perché aveva provato con successo ad accompagnarle tutte e due a casa, qualche volta, quando la 500 della Vicentini serviva a suo padre, prima Anna Maria, ovviamente, e poi Emanuela, che abitava con i genitori e, in particolare, con un padre che era una specie di bestia gigante. Chissà come cazzo ci entrava nella 500?

Giorgio Reali percorse quei 25 chilometri in pochi minuti, ignorando i semafori, che erano tutti rossi.

La porta era aperta, il Jagermeister nel bicchiere, sul tavolo, il tavolo vicino al divano, sul divano le due ragazze. Reali entrò, si mise sulla poltrona, c’erano solo un divano e una poltrona, le due femmine erano sedute allineate sul divano, a lui non restava che sedersi sulla poltrona, perché era fesso, non aveva capito che era una trappola e continuava a comportarsi come se si trovasse cordialmente assieme a delle amiche formalmente distanti. D’altra parte erano due sue studenti. Tra la poltrona e il divano c’era la distanza di un metro.

Il Jagermeister era per lui, certamente, lo prese subito e lo buttò giù in due sorsi. Forse Anna Maria ne aveva bevuto un po’ dal suo bicchiere ma certamente la Vicentini non beveva alcolici, non le interessavano, e poi se suo padre l’avesse fiutata si sarebbe presa degli sventoloni forti. Era meglio evitare.

L’appartamento di Anna Maria era modesto ma c’era tutto, il divano, la poltrona, il tavolino davanti al divano e alla poltrona, sulla destra del divano c’era un brevissimo corridoio che portava al cesso e alla camera da letto, subito dopo, dove c’era un letto a due piazze. Anna Maria era molto piccola di statura, era giovane, ma non come la Vicentini, lei aveva circa 25 anni e certamente non era più vergine.

Era autonoma, o almeno pareva autonoma, visto che, lei sì, a differenza di Reali e della Vicentini, che si pagava l’affitto per conto suo e poi, nonostante fosse piccolina, minuta, alta un cazzo e un barattolo ma con un culo che andava provato, e nonostante ciò aveva messo nella sua camera da letto un letto che era più ampio di un letto a due piazze normale. Invece la Vicentini viveva con i genitori e Reali era ospite della sua convivente, la casa era di lei. La studentessa era autonoma pure rispetto a lui. E però che ci faceva a 25 anni a frequentare il primo anno di corso assieme alla vergine occhialuta? “Ma che cazzo ti frega, coglione“, si rispose, “non vedi che t’hanno cagato e se ne sono andate? Come? Se ne sono andate? E dove sono andate, sono andate al cesso assieme?”

Stai calmo. Magari Anna Maria ha portato la Vicentini a vedere la casa.” Ma non c’era niente da vedere, c’era solo la camera da letto. “E allora sarà andata a far vedere la camera da letto alla sua amica vergine occhialuta. Stai calmo. Che stress, uno si sente anche sfigato se prima lo invitano e poi lo lasciano solo come un coglione in soggiorno. Stai calmo.”

Reali continuava a pensarle di tutte e la serata si prefigurava come una tragedia anche peggiore di come si era presentata all’inizio. Sfiga, che sfiga, che senso di sfiga. Il suo amore NON corrisposto, la ragazzina vergine con le tette grosse che si faceva mettere il cazzo in mano da ogni ragazzo, uno per sera, e non teneva in considerazione il corteggiamento del suo professore, che fisicamente non era poi tanto messo male, era in perfetta forma, uno splendido trentacinquenne, altro che quel testa di cazzo di bamboccio con i riccioli lunghi sugli occhi come il barboncino, e poi era innamorato pazzo di lei, soffriva come un cane per la leggerezza con cui le si faceva portare dagli ALTRI, e scherzava sul suo amore, sul suo bisogno di lei, sulla sua attrazione pazzesca. Quell’attrazione pazzesca non poteva non essere MAI corrisposta in nessun modo.

“Vieni di là?”

I suoi stupidi dubbi esistenziali e sentimentali furono interrotti da questa semplicissima e direttissima convocazione. Anna Maria era venuta a prenderlo per portare ANCHE lui in camera da letto, dove la Vicentini se ne stava stravaccata sul letto a due piazze, sopra la fodera, vestita. Giorgio Reali si sedette sul letto e cominciarono tutti e tre a chiacchierare a bassa voce, amorevolmente. Da seduto passò a distendersi sulla pancia della Vicentini, alzando le gambe sul letto, senza scarpe, ovviamente, e Anna Maria prese, di sua iniziativa, a massaggiargli la coscia muscolosa, dal ginocchio a risalire, ogni coscia con due mani, ed tutti e tre continuavano a chiacchierare con voci soffuse.

Stava succedendo qualcosa di morboso. “Avevano progettato qualcosa di morboso, quelle due porche”. Che altra spiegazione poteva esserci? Anna Maria continuava a massaggiare la coscia, lui doveva fare qualcosa, portò la mano dietro di sé, dietro la sua testa, vicino al ventre della Vicentini, un ventre morbido, senza muscoli addominali, e le prese la mano. “Che mano era, la destra o la sinistra? Ma che ti frega?” Le voci delle loro chiacchiere amene diventavano sempre più soffuse fino a che certe volte parevano sussurri. Emanuela tenne la mano di Reali e quello si sentiva il cuore in gola. Allo stesso tempo, però, il cazzo gli era diventato spesso, grosso e talmente duro che gli faceva male. Anna Maria non aveva acceso la luce nella stanza, ovviamente ed evidentemente, ma c’era la luce che veniva dal soggiorno e dal corridoio, non poteva non notare la spessa protuberanza sui jeans di lui che teneva le gambe aperte, a un paio di decimetri dalla sua faccia, mentre lei massaggiava quelle cosce, a risalire nella stessa direzione di quel dirigibile gonfio che la guardava con la coda dell’occhio; Anna Maria, stando in ginocchio sul letto quasi in mezzo a quelle cosce, doveva aver capito. “Ma deve accorgersene, cristo, è lì che massaggia per qualche motivo, o no?”

“Non lo so”, pensava Reali, ricordando quella volta in piscina, ai tempi della scuola, con tutte le sue compagne di classe che gli facevano la corte, loro a lui, e lui non ne scopava nemmeno una, perché era talmente cretino che si vergognava di ammettere che non era mai stato con una ragazza. Loro non ci credevano e meno ci credevano più lui si vergognava. Proprio perché loro avevano queste aspettative su di lui, che fosse una specie di dongiovanni, lui non voleva deluderle e, per non deluderle, non ci provava con nessuna di loro, per non far sapere a quella che capitava, e poi alle altre, che non era mai stato con una femmina. Pensa che stronzo. Per non far sapere alle femmine che era la prima volta non c’era mai una prima volta. E però, quella volta, in piscina, una ragazza non aveva resistito e si era seduta sulle gambe di lui, che stava a bordo piscina, sulla sedia, in costume, come pure era in costume da bagno lei.

Il cazzo si gonfiò subito, subito.

E lei, ‘sta stronza, invece di restare, lei, che lo aveva inseguito per un anno, si era girata con un’aria d’imbarazzante arroganza, e aveva detto, “no, forse è meglio che torno a sedermi sulla mia sedia sdraio.” subito si era alzata ed era andata a sedersi lontana da lui un paio di metri e mezzo più a est. Pareva come offesa ma non c’era nessuna intenzione malevola da parte di lui, che non capiva nemmeno che male ci fosse stato in quel piccolo, non tanto piccolo, incidente. Lei tutte le mattine lo incontrava, sulla via della scuola, e diceva, “ciao, bellissimo”, ogni mattina, ogni singola mattina. Non che lui fosse bello, diciamo che era passabile ma che era in una classe con altri 4 maschi, parecchio mosciarelli, e 26 ragazze femmine, tutte ringhianti come pantere. Ecco svelato il trucco del successo TEORICO con le donne di Giorgio Reali ai tempi della scuola. Ecco spiegato perché quella ragazza lo chiamava “bellissimo”, anche se bellissimo NON era di certo. E però, da quella volta in piscina che, senza provocazione, salvo il fatto che lei ci si era seduta sopra, praticamente in mutande, gli si era ingrossato il cazzo sotto il culo di lei, da quel momento in poi lei non lo salutò più se non con qualche vago cenno del capo. Nossignore. Niente più “ciao, bellissimo!” Ebbe modo di vederla ancora, qualche anno dopo la scuola, con il suo fidanzato. Era un cesso assoluto, un rospo, con l’aria di un militare in abiti civili, era talmente brutto che faceva sembrare brutta anche lei, e poi era uno che doveva aver provato tutti i possibili concorsi pubblici per campare, date le sue scarse attitudini, e però, nel frattempo, lei aveva imparato ad adattarsi, e, anche lei, a causa dei suoi fraintendimenti giovanili.

Per situazioni simili a queste, ora Giorgio Reali si trovava con il cazzo gonfio che quasi gli scoppiava, davanti alla sua studente che gli massaggiava la coscia a risalire, eppure non prendeva nessuna iniziativa, e continuava a parlare con entrambe le due studenti come se niente di peccaminoso stesse per succedere, fatta eccezione per le voci soffuse…CONTINUA: “Scandalo in facoltà, il prof. Reali non porta i Boxer!

Scandalo in Facoltà, il prof. Reali non porta i Boxer

Pubblicato da International University of Sodomy

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